Un uomo sta preparando tutto l’occorrente per un mega-riposino, la pausa ideale con immancabile picnic.
Panino perfetto, libro.
Cammina. È chiaro che ha una meta precisa, uno scenario che rappresenta il perfetto angolo bucolico, il pisolino per antonomasia.
Ed eccolo: un albero isolato sul crinale di una dolce collina.
L’uomo prende delle fronde e si prepara un giaciglio.
Mangia il suo panino, prende fuori il libro, poche righe e in quel silenzio perfetto, in quello scenario di pace, gli occhi si chiudono.
Pochi secondi e lenta ma inesorabile a un volume basso, ma ugualmente fastidioso, una cicala inizia a disturbare il suo sonno.
L’uomo apre un occhio e fa il rumore come di chi volesse far smettere di russare qualcuno.
La cicala si interrompe, lui si riposiziona con le spalle sul suo giaciglio di foglie e ricomincia a dormire.
Passa qualche secondo e la cicala riparte, più rumorosa e decisa.
Lui fa finta di nulla poi apre gli occhi di scatto e si mette a sedere. Ancora rumore di cicala.
L’uomo batte le mani forte. La cicala smette un secondo. Lui sorride, la cicala ricomincia.
L’uomo cerca con lo sguardo la fonte di quel disturbo ma non la trova…. Tra le fronde il rumore è sempre più insistente e la cicala non si vede.
Si alza svogliato.
Si avvicina lento all’albero e poi di colpo viene preso da un raptus, colpisce il tronco. Cerca di scuotere i rami.
Niente, la cicala è indomabile. Anzi canta più forte, insopportabile.
L’uomo mette le mani sui fianchi, sembra rinunciare.
Riprende sacchetto e libro e si allontana.
Improvvisamente quando è a una decina di metri dall’albero, la cicala smette.
Lui si ferma. Questa cosa lo fa arrabbiare, tanto. Si volta, guarda l’albero e sembra che anche l’albero guardi lui.
L’uomo mette avanti un piede, la cicala ricomincia, lo toglie, smette.
Prova con il ginocchio, con la testa, con il gomito, stesso effetto.
Si volta, è fuori di sé.
Gli viene un’idea, prova a camminare all’indietro, stessa cosa.
Lascia lì il libro per delimitare il confine tra lui e la cicala.
Se ne va deciso.
Quando torna è bardato come un marines.
Mimetizzato tra le fronde prova ad avvicinarsi con il passo del giaguaro.
Lentamente supera il libro, la cicala non ricomincia.
L’uomo è felice, sorride, si avvicina all’albero, ma quando è a pochi metri è preda di uno starnuto, cerca di trattenersi, ma più lo fa, più lo starnuto sembra potente.
Appena libera il fiato, la cicala riparte, l’uomo arrabbiatissimo lancia le fronde contro l’albero: è tutto sporco, si volta e corre fuori scena.
Quando torna ha in mano una pala, si avvicina al libro e non lo supera, inizia a scavare.
Al tramonto la terra sotto l’albero inizia a smuoversi, appena la testa dell’uomo fa capolino la cicala ricomincia il suo verso.
L’uomo colpisce con la vanga il tronco poi colpisce forte a terra e guarda con aria di sfida l’albero. Esce dalla scena e torna con una torcia.
Si siede a gambe incrociate e aspetta. Il suono della cicala è assordante.
Notte.
La cicala cala di intensità, è stanca e si sta addormentando.
Appena smette l’uomo accende la torcia. La cicala ricomincia.
Spegne la luce. La cicala si riaddormenta.
Lui ricomincia.
Avanti così…. Finché l’uomo soddisfatto di aver restituito il disturbo non spegne la torcia e si sdraia finalmente libero da fastidi sonori.
Sorride e lascia che gli occhi si chiudano. Dolcemente.
Appena gli occhi sono chiusi, un secondo di meritato riposo, poi, POI incomincia il concerto dei grilli di tutta la valle.